Sposa sirena
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Sposa sirena
da “Fiabe italiane” di Italo Calvino, drammaturgia Katia Scarimbolo, regia, scene e luci Michelangelo Campanale, con Valentina Franchino, Salvatore Marci, Lucia Zotti, costumi Maria Pascale, consulente alla drammaturgia Giovanni Guarino, assistente alla regia Catia Caramia, assistente di produzione Sandra Novellino, tecnici di scena Walter Mirabile e Carlo Quartararo, in convenzione con Regione Puglia, vincitore premio “L’uccellino azzurro” (Molfetta, 2013) come migliore spettacolo e migliore attrice protagonista a Lucia Zotti, durata 50 minuti
Filomena, la bella sposa di un marinaio spesso assente, si lascia sedurre da un giovane signore che poi l’abbandona. Il marito al ritorno pensa che la moglie meriti la morte, sicché la getta in mare, dove le sirene, affascinate dalla sua bellezza, la conducono nel loro palazzo, la chiamano Schiuma e le insegnano a cantare e ad incantare i marinai di passaggio che si buttano in mare a capofitto. Però Schiuma non riesce a scordare il marito, il quale una notte, compiendo l’usuale gesto dei marinai, si lancia tra le onde; le Sirene lo vogliono trasformare in corallo, ma Schiuma, innamorata ancora, ottiene una dilazione della sorte crudele e con uno stratagemma lo salva facendolo tornare solo a terra. L’uomo, pentito, non potendo più vivere senza di lei, affronta la classica prova magica di coraggio pur di riavere la sposa: ruba un fiore-talismano custodito dalle Sirene. L’impresa riesce e la sirena torna donna e sposa che aspetta il suo uomo forse perito o forse ancora marinaio giramondo.
Lo spettacolo combina teatro e danza aerea, recitazione e acrobazia, regalando poesia e grande spettacolarità alla fiaba di Taranto; una fiaba di incerta derivazione, popolare o mitologica, in cui il tema dell’amore, pure intrecciandosi a forti richiami all’attualità, si lascia contaminare dalla materia leggera delle sirene, materia dei sogni, acquistando quella leggerezza e intensità che solo le fiabe sanno donare anche ai temi dolorosi. Perché le storie si ripetono e le fiabe ripetono le storie a beneficio di grandi e bambini che… gli errori continuano a ripetere.
Tessuta dal tempo con la sapienza del racconto popolare e della mitologia greca, la fiaba ci parla di Filomena, una donna che un giorno il mare accolse e salvò dalla furia del marito tradito, trasformandola in sirena. Ancora oggi quella figura di sirena vibra, custodisce nelle maglie della sua vita il segreto di quella bella città che fu Taranto, e si fa specchio nel quale riflettersi e riflettere la realtà di oggi. Senza sforzo, i bastioni dell’antico castello, su cui si può sentire la voce di Filomena che aspetta suo marito di ritorno dal mare, si trasformano: dalle torri degli altiforni dell’Ilva il vento porta un lamento, una preghiera che quella città ogni notte recita, perché dal mare ancora una volta venga l’aiuto per ritrovare se stessa. [Michelangelo Campanale]
Un po’ Miyazaki, quello di Ponyo, tanto delle favole classiche, il meraviglioso spettacolo che ha tenuto compagnia alle centinaia di bambini accorsi in teatro […] Fiato sospeso, volti sorpresi e bocche spalancate sono state quelle dei bambini attori, poco spettatori, di una storia che li ha visti coinvolti e divertiti, “ma anche impauriti” come ha sostenuto, alla fine dello spettacolo un giovanissimo spettatore, tenendosi fra le mani della madre, anch’essa “emozionata per il bellissimo e intenso spettacolo”. Un lavoro degno di nota, capace di richiamare il cinema, ma anche la migliore tradizione letteraria, non solo quella delle fiabe e della mitologica. La materia dei sogni che si contamina con il tema della vita e della morte, passando per mezzo di quella del dolore. La straordinaria e ben confezionata drammaturgia di Katia Scarimbolo la fa da padrona, prestandosi anche all’accurata regia Michelangelo Campanale, capace di rendere gli attori, Valentina Franchino, Salvatore Marci e Lucia Zotti, tutti molto bravi e credibili, ma soprattutto inventori di un mondo/altro. “Sposa sirena” è la storia fantastica, che tanti bambini vorrebbero rivivere, davvero e ad occhi aperti, constatando, spesso, l’impossibilità di amarsi dal vero, da parte di genitori troppo presi dai loro maremoti quotidiani, che impediscono loro di giungere ad approdi in cui, i figli, sempre più, restano spettatori solo di derive famigliari […]
bari.repubblica.it [il gioco serio del teatro] | 20 gennaio 2014
Lo spettacolo, una bella favola, interpretata da quella signora del teatro del Sud che è Lucia Zotti, una lunga militanza nel Kismet, inizia con un tecnico con il casco da operaio, e con sbuffate di fumo. Poi si vola in un tempo sospeso, quello delle storie di fantasia e magia, appunto, con una lunga struttura verticale trasparente, resa mutevole dalle luci , dove appare il mare, dove pesci e sirene guizzano grazie ai giochi di acrobazia aerea con tessuti elastici di Valentina Franchino. Una vecchia donna rievoca la sua storia d’amore, matrimonio, tradimento e vendetta, e la sua morte, buttata in mare dal marito pescatore, geloso. Ma mentre lei precipita appare il dio del mare, su un carro tirato da delfini (bella, fantasiosa la scenografia firmata, con le luci, dal regista Michelangelo Campanale). Questo divertente Nettuno, un po’ svampito, un po’ trombone, si impietosisce e la trasforma in sirena. Ma l’amore non muore: ritroverà il marito, anni e anni dopo, ritornerà sulla terra per incantesimo, con sciagure… Il tono ironico, quello fantastico, quello drammatico si alternano in un lavoro intenso e delicato, che riporta poi dalle favole alla realtà della città su due mari e avvolta nei fumi, tra stridori di clacson e auto, ricordandoci come dietro le storie che ci fanno restare a bocca aperta si nascondano spesso abissi di violenza. Le parti maschili sono affidate tutte a Salvatore Marci, in un lavoro che è riuscito, dopo un po’, a zittire quasi trecento bambini che all’inizio non smettevano di pigolare. Con la drammaturgia di Katia Scarimbolo […]
Massimo Marino_Controscene [BOblog Corriere di Bologna] | 23 febbraio 2014